di Giovanni Fiderio
“Dove c’è la luce c’è anche l’oscurità,
fino a che il concetto di vincitori esisterà ci saranno i perdenti,
il desiderio individuale di pace causa la guerre
e l’odio nasce per proteggere l’amore” (Obito Uchiha)
Questo articolo ha l’intento di proporre una lettura in chiave winnicottiana del manga “Naruto”. Il fumetto, poi tramutato in Anime (cartone animato), può essere utilizzato per comprendere e rileggere l’adolescenza di oggi, attraverso una ricostruzione fantastica e a tratti onirica. La storia che tratta rappresenta egregiamente le sfide e i disagi che in queste ultime generazioni i ragazzi si trovano ad attraversare.
Il manga è composto da settecento capitoli ed è stato scritto e disegnato da Masashi Kishimoto. La sua fama è stata così ampia che l’autore ha accettato di ampliarne la popolarità tramutandolo in Anime, si può trovare in diverse lingue, e ha ottenuto un ampio riconoscimento nella popolazione adolescente e non solo.
Ma andiamo alla trama: Naruto è un ragazzo solo, un orfano che non ha mai conosciuto i suoi genitori e ospita un “demone” dentro di sé: la Volpe a nove a code. Essa vive all’interno di Naruto, si nutre del suo odio e può prendere il sopravvento su di lui ogni volta che perde il controllo.
In passato, questo demone all’interno del protagonista ha minacciato di distruggere il villaggio nel quale vive, da quel momento le persone del villaggio lo tengono ai margini. In questa situazione Naruto è spinto, per un bisogno di vicinanza, ad attirare l’attenzione degli altri con la sua stravaganza e la sua goffaggine. Egli racconta un suo sogno a tutti quelli che incontra, presentando così il suo ideale, quello che vorrebbe essere: diventare Hokage, il capo del villaggio, per poter godere della stima e del rispetto di tutti quanti.
Il personaggio, nell’inseguire il suo sogno parte per un lungo viaggio che sarà ricco di incontri: si imbatterà in temibili avversari e guerrieri, attraversando numerose esperienze tragiche. Questo peregrinare gli permette anche di fare delle nuove esperienze “buone”: Naruto incontra numerosi maestri premurosi e saggi con i quali instaura dei buoni rapporti e delle amicizie preziose.
Queste buone esperienze (Winnicott, 1965), lo spingono a ricercare le sue origini, a elaborare i vissuti di odio, a chiedersi quale sia il senso della vita, il perché della guerra e a coltivare un nuovo sogno: quello di costruire e mantenere dei legami che lo aiutino a realizzarsi e a sperare in un futuro migliore.
Naruto è il primo supereroe che non combatte i nemici ma li cura, come lui è stato curato dai maestri saggi che ha incontrato durante il suo viaggio.
Gli avversari, affrontando Naruto, riscoprono parti di sé stessi, quelle parti buone che sono state seppellite e che hanno nascosto per proteggersi dalle angosce che hanno radici profonde a causa delle loro storie traumatiche. Nell’incontro, questi nemici scoprono nuove strade e, sconfitti, devono fare una scelta che li riabiliterà completamente, arrivando a comprendere che una vita non è perduta, neanche dopo una sconfitta.
Naruto può rappresentare una metafora della psicoterapia psicoanalitica, in quanto alla base del cambiamento pone la comprensione del dolore dell’altro e di conseguenza delle sue parti danneggiate.
La psicoanalisi insegna che la comprensione del dolore non passa solamente dalla teoria, dallo studio dei libri o dal numero di casi trattati in supervisione, ma in prima battuta passa attraverso la comprensione del proprio dolore e dalla propria esperienza analitica personale.
Naruto riuscirà a nominare il mostro che lo abita, lo comprenderà ascoltandolo e famigliarizzando con esso. Tramite un esperienza di soggettivazione riuscita potrà aiutare gli altri. In egual modo la psicoanalisi cura grazie alla trasmissione di nuove esperienze psichiche, che permettono una ri-trascrizione partecipata della storia dei pazienti, che non attingono solamente dal proprio inconscio, ma anche da quello dell’analista.
Gli avversari di Naruto mettono bene in luce la natura, la profondità e l’importanza delle domande e delle sfide che alcuni adolescenti oggi rivolgono ai propri psicoterapeuti o alle figure che lavorano per la loro crescita.
Sasuke, amico-nemico di Naruto, afferma con decisione l’impossibilità che il suo dolore possa essere compreso, che possa essere provato da qualcun altro; egli veste i panni dell’eroe oscuro che deve farsi carico del proprio fato (Bollas) e realizzare la propria missione in un cammino solitario che non ammette influenze esterne.
In molte manifestazioni della clinica moderna, troviamo nei ragazzi tracce di questo desiderio assoluto e onnipotente, che sembra non poter ammettere una mediazione e che fa fuori qualsiasi figura che possa rappresentare un supporto, fornire un qualche tipo di insegnamento o una nuova esperienza relazionale, che sia psicoterapico o educativo.
Il dolore psichico (a volte anche fisico) dona a questi ragazzi un inebriante senso di onnipotenza, che finisce per creare un involucro, un guscio di impermeabile sicurezza che preclude la possibilità di nuovi apprendimenti, di nuove esperienze e di avere una vita più autentica.
Obito Uchiha, l’antagonista principale di Naruto, è un altro personaggio che raffigura bene altri aspetti del disagio adolescenziale di oggi. Il compito di quest’ultimo è di impadronirsi di mostri come la Volpe a nove code, per ottenere uno smisurato potere e permettergli di lanciare un potente sortilegio sugli abitanti della terra.
Questo incantesimo, chiamato “Occhio lunare”, consente a chi lo possiede di far assopire in un sonno profondo tutti gli abitanti della terra, comportando l’appagare di ogni desiderio in un sogno perpetuo. Il mondo apparirebbe così Perfetto a detta di Obito: un paradiso terrestre senza guerre, senza conflitti, senza morte, senza né vincitori né vinti.
Il mondo onirico che Obito vuole costruire può essere avvicinato al mondo virtuale dei video giochi nel quale molti ragazzi di oggi si isolano. Questi ragazzi sembrano evitare la frustrazione profonda che vivono nella vicinanza con gli altri, tanto desiderata quanto temuta, e affidano alla tecnologia i propri bisogni di gioco e vicinanza che se pur parziale senz’altro meno spaventosa.
In particolare, Lemma (2015) afferma che la ricerca spasmodica del mondo virtuale rappresenta per alcuni adolescenti un mezzo per non dover fare i conti col profondo cambiamento fisico che devono sperimentare. La ricerca psicoanalitica in adolescenza ha infatti evidenziato come i cambiamenti corporei e l’acquisizione di un corpo sessuato necessitino di un complesso lavoro di integrazione degli aspetti edipici e pre-edipici. Questo lavoro di integrazione è profondamente collegato ad una dimensione luttuosa, in quanto comporta la perdita di alcuni privilegi dell’infanzia.
Il mondo virtuale può in alcuni casi, dove sono già presenti esperienze traumatiche originarie, permettere un congelamento di queste tematiche e offrire un rifugio, come estremo tentativo di evitamento.
Non è un caso che il super potere di Obito sia quello di riuscire a rendersi incorporeo, proiettandosi in differenti dimensioni.
Freud (1930) ci ricorda che:
“L’ eremita volta le spalle a questo mondo, non vuole avere nulla a che fare con esso. Ma si può fare di più, si può volerlo trasformare, costruendone al suo posto un altro in cui le caratteristiche più intollerabili risultino eliminate e sostituite da altre conformi ai nostri desideri” (Lemma 2015 p. 88).
Crediamo che la storia di Naruto possa essere presa come una raffigurazione di cosa sia il lavoro psichico che l’adolescente di oggi può fare in psicoterapia, a patto che la psicoanalisi sappia ri-articolarsi e offrire al paziente un’esperienza di presenza e di desiderio, in opposizione ad alcuni stereotipi o alcuni modelli che declinano la figura dell’analista in termini di silenzio, di assenza, di sospensione e di rarefazione.
Vorremmo a al proposito concludere l’articolo con le parole di Roussillon: “Mentre la simbolizzazione viene vista classicamente a partire dalle forme dell’assenza, della separazione e del lutto dell’oggetto, di fronte al quadro dei disturbi narcisistici-identitari è la problematica della presenza e della modalità di presenza, la problematica dell’incontro e delle forme dell’incontro che deve passare in primo piano nel processo di simbolizzazione” (2018, p. 71)
Dott. Giovanni Fiderio, Psicologo Psicoterapeuta in formazione (Istituto Winnicott)
in collaborazione con: Dott.ssa Susanna Santillo Psicologa Psicoterapeuta (socio Sipsia)
In copertina riproduzione di Chiara Cuzzi
Bibliografia:
Bollas C.(1991) , “Forze del destino”, Borla editore, Roma.
Lemma A.(2015),“Pensare il corpo”. Giovanni Fioriti editore, Roma.
Recalcati M.(2019), “Le nuove melanconie”. Raffaello Cortina Editore, Milano.
Roussillon R., “Paradigmi per un estensione della pratica psicoanalitica” in Bastianini T., Ferruta A., Giovanni Fioriti editore, Roma 2018.
Grazie!
Il mio commento inizia in questo modo perchè è sempre molto bello vedere e dimostrare alla gente che la psicoanalisi va e deve necessariamente essere applicata; a cosa? Alla società in cui viviamo, andare incontro ai giovani , entrare nelle scuole, nelle case, nelle biblioteche comunali, organizzare workshop e aprire laboratori .
Mi chiamo Gianluca Neri e sono uno psicoterapeuta psicoanalista dello Spazio Psicoanalitico.
Faccio i complimenti al Dott. Fiderio e lo invito anche ad estendere il lavoro senza tralasciare la Klein ed il concetto di scissione e identificazione proiettiva che in Naruto appare eloquente.
Un Grazie ancora e che tutti ( sopratutto i più maturi) possano prendere spunto dalla freschezza dei giovani .
😉