Gruppo di Studio SIPsIA sul Digitale #allepreseconilvirtuale:
Clementina Cordero di Montezemolo, Carla Corsi, Mariavittoria Di Febbo, Daniela Lucarelli, Mercedes Lugones, Selene Mancinelli, Silvia Ronconi, Francesca Spacca, Flaminia Vacchini
In continuità con gli articoli che molti colleghi stanno scrivendo in questi particolari giorni su questo sito relativamente all’uso e alla funzione delle sedute on-line vogliamo sottolineare come, proprio nelle situazioni di crisi, la mente – ed in particolare modo quella dell’analista – debba continuare a pensare per mantenersi sveglia e viva (Winnicott, 1954).
Nella quarantena da Coronavirus il telefonino sembra prendere il posto del vecchio focolare domestico, un camino sempre acceso che, in questa nuova condizione fisica da segregati tra le mura di casa, ci aiuta a mantenere un contatto con l’esterno.
Come ricorda Lingiardi (nella video-intervista pubblicata sul sito di La Repubblica, 13 marzo 2020), adesso siamo isolati ma non per questo soli: grazie ai dispositivi digitali, spesso considerati responsabili del ritiro di molti adolescenti dai rapporti sociali, si stanno sviluppando, infatti, nuove forme di comunità per superare l’isolamento e la mancanza di contatto fisico con gli altri. In questi giorni abbiamo tutti potuto fare esperienza di videochiamate familiari, riunioni scientifiche su Zoom, lezioni di yoga via Skype, giochi di intrattenimento tramite WhatsApp, condivisione tramite chat di jokes (vignette) per mantenere alto il tono dell’umore.
La situazione attuale ha costretto anche noi psicoterapeuti a modificare repentinamente il nostro modo di lavorare, portandoci ad una scelta: interrompere le psicoterapie o proporre la prosecuzione degli incontri con importanti variazioni del setting (sedute on-line o via telefono).
La scelta di proporre una terapia on-line è frutto della necessità di non lasciare soli i pazienti in un momento di così grande crisi e limitare la loro esperienza d’angoscia e di abbandono, tuttavia occorre valutare caso per caso. Pensiamo infatti sia importante tenere in considerazione ogni specifica relazione psicoterapeuta-paziente: l’analista deve chiedersi e provare a comprendere come ciascuna persona possa vivere questo cambiamento del setting e quanto riesca a tollerarlo. Ci troviamo in un terreno complesso e poco conosciuto in cui, per dare continuità al processo terapeutico, diventa fondamentale seguire, momento per momento, l’evoluzione delle dinamiche transfert-controtransfert. A questo proposito riteniamo fondamentale tenere in considerazione anche le emozioni dello psicoterapeuta e il suo stato d’animo, ancor di più in un momento come questo di forte angoscia.
In questa situazione di cambiamento repentino e forzato è utile ripensare ad alcune delle coordinate fondamentali del setting psicoanalitico: lo spazio, il tempo e l’assetto interno dello psicoterapeuta.
Per quanto riguarda la caratteristica dello spazio notiamo che, sebbene i dispositivi digitali ci aiutino a raggiungere i nostri pazienti, ci impongono anche di coniugare aspetti di vicinanza e lontananza.
Da un lato infatti ci scontriamo con una distanza (fisica) che diventa subito eccessiva vicinanza quando entriamo direttamente nelle case dei nostri pazienti. I confini spaziali, non più delimitati dalla stanza di terapia, vengono adesso definiti anche dal paziente attraverso la scelta del luogo in cui svolgere la seduta, della posizione dello schermo e di cosa mostrare di sé al terapeuta: in questo senso il paziente partecipa, in maniera ancor più attiva, alla co-costruzione dello spazio terapeutico. Pensiamo dunque che il virtuale possa assumere così la qualità di uno spazio potenziale in cui qualcosa di conosciuto può essere creato e trovato dal paziente.
Dall’altro lato invece può accadere che i pazienti, sebbene con i loro cellulari ci possano raggiungere facilmente, rifiutino la seduta perché non si sentono al riparo da orecchie indiscrete.
In riferimento al tempo, a nostro parere esso rimane il garante della continuità dell’esperienza del Sé: il mantenimento on-line dell’orario e del giorno della seduta funge da ancoraggio alla realtà esterna e offre un contenimento alla sensazione di noia dilagante e agli stati di angoscia che possono insorgere nei pazienti.
Per quanto concerne infine l’assetto interno dello psicoterapeuta bisogna tener conto che, in questa specifica situazione di crisi, le angosce persecutorie attivate dalla pandemia riguardano tanto il paziente quanto l’analista. La predisposizione all’auto-analisi acquisita grazie alla formazione, può però rendere lo psicoterapeuta più capace di attraversare il perturbante e di convivere con il sentimento di fragilità insieme al paziente.
Vogliamo comunque mettere in luce l’aspetto creativo importante che può scaturire da questo cambiamento: in un momento critico come quello che stiamo vivendo, paziente e analista si trovano di fronte ad un nuovo modo di incontrarsi. Questa crisi, etimologicamente intesa come scelta, separazione, può rivelarsi un’opportunità di giocare in modo creativo con il setting e con la propria disposizione interna entro una cornice che dobbiamo rendere il più sicura possibile, per quanto a distanza.
Tuttavia non possiamo far a meno di considerare alcuni elementi che vengono modificati nella loro espressione durante le sedute on-line. Tra questi, in primis, il corpo: l’immagine proiettata nello schermo può comunque attivare alcune qualità sensoriali, ma mancano gli odori, il tatto e cambia la possibilità di movimento.
Tutte queste riflessioni divengono ancora più specifiche quando parliamo di psicoterapie con i bambini: ci troviamo in un cantiere aperto, in cui ogni caso è a sé.
Nell’esperienza che stiamo vivendo in queste prime settimane abbiamo notato che alcuni bambini possono essere accolti solo attraverso una telefonata di pochi minuti, con altri invece la seduta si trasforma in un incontro con i componenti della famiglia, altri ancora sono più in grado di esprimersi liberamente.
La possibilità di rimanere in contatto con i pazienti e con i nostri vissuti ci ha portato a riflettere su come, in questa dimensione di “chiusura”, convivano diverse reazioni ed emozioni con oscillazioni che vanno da un polo ansioso a uno [tooltip hint=”In questo testo l’uso del termine depressivo non ha una valenza clinico-diagnostica”]depressivo[/tooltip].
Sul primo versante si individuano la paura, la rabbia, il bisogno di protezione, il senso di costrizione e la frustrazione; sull’altro una generale sensazione di lentezza, di sospensione, ma anche di essere parte di una comunità, elemento che contribuisce ad alimentare una speranza verso il futuro. Si tratta di movimenti psichici fisiologicamente presenti nelle persone e funzionali ad affrontare questo momento di grave difficoltà sociale.
Per comprendere tali emozioni ci sembrano centrali le riflessioni avviate nel corso della serata scientifica organizzata dalla SIPsIA che ha visto come ospite la dr.ssa Beatriz [tooltip hint=”Psicoanalista, Direttore del Corso di Specializzazione in Psicoanalisi con Bambini e Adolescenti (Università di Scienze Economiche e Sociali, UCES Buenos Aires) Presidente della Asociaciòn Civil Forum Infancias”]Janin[/tooltip] lo scorso 5 marzo: la società occidentale si è costruita su ideali e valori individualistici e maniacali, per fronteggiare una profonda fragilità narcisistica. Questa pandemia ci costringe a fare i conti con sensazioni d’impotenza e umana limitatezza venendo a mancare il riferimento alla realtà esterna, che è stata il più delle volte sovrainvestita. Ci sentiamo confusi e persi, non più abituati a stare in contatto con noi stessi e con la nostra casa interna, ci chiediamo se questa sia spoglia o poco vitale, e prendere contatto con questi aspetti di Sé provoca paura.
A tal proposito abbiamo ripensato a quanto Freud esprime ne “Il Perturbante” (1919) descrivendo quanto possa essere angosciante ritrovare un elemento noto e familiare in ciò che è sconosciuto. Ecco allora che la casa, la strada che percorriamo ogni giorno, le relazioni quotidiane, possono attivare forti angosce. Nelle situazioni di “perturbamento”, ci ricorda Freud, “l’Io non è padrone in casa propria”.
Per concludere queste prime riflessioni riteniamo importante e proficuo continuare a riflettere e dialogare sulle emozioni e sui vissuti sollecitati dalla situazione che stiamo vivendo, per mantenere vivo il pensiero e far fronte a questi cambiamenti.