Recensione by L. Cocumelli
E’ un libro, quest’ultimo scritto dallo psicoanalista M. Recalcati, che definirei “provvidenziale”, perché ha colto il bisogno “storico” dell’umanità contemporanea di ricercare e dare un senso a ciò che un senso razionale non ce l’ha: al dolore dell’Uomo Giusto e dell’Innocente. Forse mai come in questa nostra epoca l’individuo si è sentito accomunato agli altri uomini proprio per questo universale grido lanciato o scagliato contro qualcuno o qualcosa in cerca di una risposta chiara che significasse la sofferenza umana. Ma la faccenda è più complessa perché è un testo coraggioso che entra nelle questioni teologiche; ancora più in profondità… entra nella faccenda “Fede”. E’ già faticoso di per sé sopportare un evento negativo, magari improvviso e imprevisto, un evento traumatico che ci coglie alla sprovvista perchè non era stato predisposto per esso nella mente un certo grado di pensabilità, ma quando addirittura più eventi assieme si accaniscono contro di noi e ancora di più, quando ci reputiamo di appartenere alla schiera dei Giusti e degli Innocenti, la mente non ce la fa a digerirne l’impatto, a dargli un senso logico. Spesso è questo anche il motivo che spinge una persona a chiedere aiuto, cercando una psicoterapia, o iniziando una psicoanalisi, potremmo dire in parole povere: a cercare un viaggio dentro di sé che ci riporti a “far quadrare i conti quando i conti non tornano”. Se la prima domanda che la mente crea in cerca di coerenza di fronte a un fulmine che all’improvviso squarcia il cielo sereno dell’esistenza umana è “Perché?” e subito dopo “Perché a me?”, questa lettura ci conduce con gentilezza a invertire la rotta fino a chiederci “Perché non a me?”. Perché prima che mi capitasse questa tragedia ho sempre pensato con certezza assoluta di esserne al riparo? E’ possibile infatti, come si evince nel libro, che la massima difficoltà di accettare anche il carattere tragico della nostra condizione umana derivi in alcune circostanze da una falsa equazione, in parte di carattere culturale e religioso-teologico, ereditata dalla dottrina del dolore dell’Antico Testamento che ci prospettava la sofferenza come una conseguenza della colpa, come un dardo che infligge la punizione al reo. Se ci sembra di esserci sempre comportati secondo la Legge di tale dottrina, e di averla fatta nostra, è facile allora non solo avvertire un pesante senso di ingiustizia ma sentire vacillare persino la fede. Perdiamo le fondamenta del nostro Credo e dei nostri valori. Potremmo invece osare entrare e sostare allora nella terra degli uomini-Giobbe: uomini ostinati che imperterriti non rinunciano alla fede e alla coscienza, neppure quando invece che ricompense piovono persecuzioni. La complessità dei temi trattati è resa di facile divulgazione, senza che se ne perda la profondità, da una meravigliosa semplicità stilistica. Da un linguaggio leggero, che non spreca parole. E’ diretto e conciso, dice tutto in meno di 100 pagine. Coraggioso e chiaro, il libro fa riflettere sul Giobbe che si affaccia dentro di noi nel corso della vita, rispecchia quell’umana e rabbiosa solitudine che opprime la persona di fede quando quest’ultima non arriva più a intuire la logica divina negli eventi che gli accadono. E’ doveroso dire tuttavia che già nel 2013 il nostro caro Maestro e noto psicoanalista Prof. Andreas Giannakoulas, scomparso lo scorso aprile, aveva pubblicato un testo sulla parabola di Giobbe commentando le XXI tavole illustrate del poeta William Blake. La SIPSIA resta profondamente e affettivamente legata al Prof. Giannakoulas per il grande contributo che egli come Socio Emerito SIPSIA diede alla sua costituzione e successivo sviluppo: nel 1976 infatti egli fu co-fondatore e docente e in seguito Presidente onorario del 1° Corso di Psicoterapia Psicoanalitica del Bambino, dell’Adolescente e della Coppia genitoriale dell’Istituto Winnicott ASNE SIPSIA. Dunque era già stata data da lui una lettura più psicoanalitica alla storia di Giobbe, sottraendola da una visione razionale per restituirle quella tragica della vita umana, in linea con la visione di Freud che aveva letto nella tragedia greca un destino umano perturbato da forze divine che si sottraggono al dominio della ragione. Il nostro caro Maestro Prof. Giannakoulas ci aveva perciò già tragicamente umanizzato Giobbe, presentandoci la sua storia da una prospettiva psicoanalitica come un processo di trasformazione psichica: nella descrizione della I Tavola di Blake il Prof. Giannakoulas sottolineò lo stallo psichico da cui parte un Giobbe senza peccato che nega però totalmente il suo mondo affettivo-emotivo-istintuale (tutti gli animali rappresentati sono infatti assopiti) e invece nell’ultima Tavola, la XXI, egli interpretò con acume psicoanalitico la simbologia artistica di Blake evidenziando la fine di un ciclo di crescita psichica – anche il Sole e la Luna si trovano in posizioni opposte rispetto all’inizio, come a indicare il ciclo compiuto – che ha portato Giobbe, attraverso il dolore, fuori dal suo narcisismo a conoscere le sue profondità umane, inclusi i suoi aspetti femminili e le sue angosce incestuose, la difficoltà ad accettare con umiltà la dipendenza, la carità e l’aiuto del prossimo fino alla realizzazione di un Sé creativo, in senso winniccottiano, che sa vivere creativamente – da qui l’uso degli strumenti musicali in mano a ogni personaggio dell’ultima Tavola di Blake. Nel testo del Prof. Giannakoulas l’arte e la psicoanalisi si intrecciano magistralmente per sottolineare il carattere tragico della condizione umana che trova un senso a posteriori, mostrandoci la trasformazione psichica ad opera della rielaborazione degli eventi.
Il libro di Recalcati sceglie la sottolineatura dell’incoerenza degli eventi umani, del non senso del tragico e della meravigliosa forza umana che si può avere in tali circostanze per affrontarle. Tratta di certo della fede in Dio: questo Giobbe ci insegna che la Fede in Dio è una fiamma che non può risparmiare all’Uomo le sue umane paure e terrene sofferenze ma crea visione nel buio e riconnette l’Uomo con il Ritmo e l’Origine del suo Respiro. Esiste il limite di un Mistero oltre il quale non ci è consentito andare. La mente umana è una scatolina troppo piccola per contenere il Filo del Disegno Divino. E’ per questo che, come scrive l’Autore “la pratica della psicoanalisi impone di sostituire alla centralità della domanda filosofico-teoretica sull’essere e il nulla, quella sul senso del Male, sul significato enigmatico della sofferenza”.