Cos’è un virus? Come si fa a spiegare ai bambini questa emergenza?
di Sandra Maccioni
Sotto i tre anni sarebbe meglio non allarmare i bambini, perché la loro mente non è in grado di capire le sfumature, tutto è assoluto, e allora anche un pericolo per loro medio può diventare grande. Una paura che assorbe i genitori può essere vissuta dal bambino come un distacco dalla relazione giocosa con lui, perciò è importante che sia mediata e espressa senza sottolineature. Uno stato di allarme può generare disturbi (nel sonno, nell’alimentazione); è importante che l’adulto possa fungere da “schermo del trauma” cioè “filtrare” le emozioni troppo forti per il bambino.
Dai tre anni si potrebbe dire che un virus “è come un microbo” (che loro conoscono bene dato che le mamme dicono sempre “Non toccare, è sporco”), un microbo che “vola”, perciò può saltare da una persona all’altra per cui è meglio stare a distanza. Viene in mente “La vita è bella” di Benigni, quando lui spiega al bambino che la guerra è come un gioco; ed è un po’ così, i grandi devono non negare ma presentare la realtà al bambino in modo accettabile, perché è loro compito difenderlo dai pericoli dati dalle paure, che sono dannosi come quelli reali. Una paura eccessiva può trasformarsi in una fobia, una paura nuova può aggiungersi ad una già diffusa come quella del buio o di alcuni animali..per cui è opportuno dosare il carico emotivo da comunicare, anche perché è vero che il bambino va educato e non conosce ancora i pericoli, ma per la sua fantasia che oltrepassa i limiti, “esagera” già di per sé molti aspetti e vive eventi anche più ridotti come enormi o terribili. Perciò basta una realistica informazione modulata.
Dai 6 anni un bambino è in grado di capire meglio, va a scuola. La sua “onnipotenza” viene mitigata dalla conoscenza reale e non più “favolistica” delle cose. Ma può avere lo stesso “paura” di una situazione che soprattutto annulla i legami (bisogna stare a distanza di un metro, non si può giocare..). Tutte le paure che vi ruotano attorno sono quelle della perdita, dell’estraneità perché è qualcosa di non conosciuto che mina la loro sicurezza nell’imparare e padroneggiare il mondo. Temono poi la perdita di tranquillità dell’ambiente intorno a loro: la loro sicurezza di base si fonda sulla serenità dei genitori e delle persone importanti, e se questa manca vengono risospinti verso una insicurezza del legame. Perciò concedersi una coccola in più può essere importante: può riavvicinare e restituire il calore e l’affetto dispersi dall’ansia. La vicinanza riduce il senso di mancanza, senza arrivare a un attaccamento ansioso (il bambino nel letto o sempre con sé.). Una affettuosa sorveglianza può bastare.
Diverso è il discorso per gli adolescenti, che vivono già una condizione di paura del presente e del futuro, per cui questo aumento di instabilità può “collassare” sul loro carico già intenso di dubbi e perplessità. Le loro reazioni possono essere varie: ignorare o esagerare. Starà agli adulti “regolare” il loro umore comprendendo l’irritabilità o prevenendo la tristezza. Ci può essere invece in questo un vantaggio: la condizione di incertezza che permea anche gli adulti, può far sentire più vicini i grandi agli adolescenti, che potrebbero sentirsi meno soli in una condizione di impotenza e quindi ridimensionare il contrasto con loro.
Più difficile ancora per i tardo adolescenti o giovani adulti (18-24 anni), che sono in una fase di ingresso nel mondo esterno e di messa alla prova delle loro capacità, per cui una limitazione nella socialità può essere vissuta come una sfiducia nel loro potenziale (da qui la rabbia e la ribellione alle regole come bisogno di affermazione di Sé).
Questi sono tutti aspetti di natura interna, le emozioni nascoste dietro ai comportamenti manifesti. Starà all’adulto comprendere e incanalare queste emozioni. La minaccia costituita dal virus comporta vicissitudine interne, sia negli adulti che nei bambini. Ma può essere anche occasione di maggiore dialogo con i familiari, sia per il tempo da trascorrere insieme, sia per i temi da affrontare uniti.
Ed è anche importante che questa esperienza dia la possibilità di ascoltare le emozioni, anche difficili; questa vicenda renderà più forti non tanto quando sarà passata – come giustamente si scrive in questi giorni – ma quando porterà a una capacità di tollerare la tristezza e l’angoscia, che sarà utile ai nostri figli per il futuro, e ad implementare la comprensione e il dialogo condivisi.
Dr.ssa Sandra Maccioni
Qui un video semplice e carino che può aiutare i bambini a capire cosa succede: